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LA POTENZA SUGGESTIVA E TRASFORMATIVA DEL BHAGAVATA PURANA

Patanjali nel suo celeberrimo Sadhana Pada - uno dei quattro testi che compongono l’opera dell’autore - indica raga, ovvero tutto ciò che genera attrazione ed attaccamento, come una delle principali forme di condizionamento per l’essere umano, portatrice di inevitabile sofferenza. Come insegna il Maestro Marco Ferrini nutrire attaccamento verso ciò che in questo mondo procura piacere, come una prestigiosa posizione sociale, una bella famiglia, una buona salute, fama, ricchezza, e porre quindi tali valori al centro della nostra vita considerandoli il fine ultimo dell’esistenza, produce sistemi di riferimento instabili perché destinati inesorabilmente ad essere perduti. Sul piano del relativo, spiega, possono offrire un temporaneo stato di benessere ma non potranno essere di sostegno soprattutto nel momento del massimo bisogno in cui dovremo lasciare il corpo e separarci da essi. L’unico antidoto alla paura della morte, per vivere in questo mondo con un giusto e sano distacco emotivo, in piena armonia con tutto ciò di cui facciamo esperienza e senza identificarsi con esso, è riconnettersi alla propria natura eterna ed immortale, quale esito di un viaggio profondo all’autentica scoperta di noi stessi.  

In tale prospettiva, i racconti contenuti nei grandiosi testi della millenaria saggezza indovedica, e le storie puraniche in particolare, offrono la straordinaria opportunità di giungere a comprensioni e realizzazioni che possono concretamente aiutare l’uomo moderno ad elaborare e superare anche le più strazianti angosce che, a causa di false credenze profondamente radicate e di una conseguente concezione distorta della realtà, rimangono nella maggior parte dei casi perennemente insostenibili.  La narrazione della vicenda di Re Citraketu, contenuta nel sesto canto del Bhagavata Purana, con la potenza suggestiva e trasformativa del suo linguaggio, ne è un esempio.  E’ la storia di un re che, immerso in un’indicibile sofferenza per la perdita prematura del figlio verso cui nutriva un forte attaccamento, perviene, a seguito di questo tragico fatto, a grandi realizzazioni umane e spirituali. Consapevoli della sua lacerante disperazione, i saggi Narada e Angira ne hanno compassione e decidono così di educarlo in merito alla scienza dell’anima, dicendogli: “cerca di capire chi sei, se corpo, mente o anima. Considera da dove sei venuto, dove andrai dopo aver lasciato il corpo, e perché sei sottoposto al controllo della sofferenza materiale. Cerca di capire la tua vera posizione in questo mondo, e solo allora sarai in grado di abbandonare gli attaccamenti. Sarai anche in grado di abbandonare la convinzione che questo mondo e tutto ciò che non è collegato direttamente con Dio sia eterno. Allora otterrai la pace (Bhagavata Purana 6.15.26)”. Grazie ai loro poteri mistici, i saggi trovano il figlio dipartito e lo convincono a rientrare – seppur brevemente - nel corpo che aveva abbandonato per spiegare ai suoi ultimi genitori la propria posizione di essere spirituale eterno, esente quindi da nascita e morte. Spiega loro, inoltre, come la relazione genitori-figlio sia stata temporanea, in quanto legata al corpo che i genitori avevano generato in quel breve segmento di vita incarnata. Il re, dopo avere meditato profondamente su queste salvifiche parole, ottiene la grazia del risveglio spirituale e, illuminato da una visione superiore della realtà, si libera dal quel lancinante dolore. E’ interessante riflettere sul fatto che con tutta probabilità il re non avrebbe conseguito un tale beneficio se il figlio fosse cresciuto sano e robusto, poiché, condizionato com’era a causa dei suoi attaccamenti, sarebbe stato indotto ad illudersi che la felicità autentica fosse da ricercare in questo mondo temporaneo e mutevole.

In virtù di tale funerea circostanza e dell’opportunità offertagli dai saggi di riscoprire la reale natura di ogni essere vivente, tutte le fallaci convinzioni, i concetti illusoria della realtà su cui il re Citraketu aveva sino ad allora fondato la propria esistenza, inesorabilmente crollano come un castello di carte, consentendogli così di scorgere la realtà situata oltre l’illusione, ed accedere a livelli coscienziali più intimi sino ad allora inesplorati.

Solo se illuminati da una rinnovata e alta consapevolezza, saremo conseguentemente in grado di edificare relazioni davvero autentiche ed appaganti - siano esse tra coniugi, con figli, genitori, amici e altri compagni di viaggio - perché  fondate su di un piano di connessione profonda con l’altro, che pone al centro la sua matrice spirituale, la sua essenza divina, situata oltre il paradigma spazio- temporale a cui invece è assoggettato l’involucro corporeo che, inevitabilmente, sarà costretto a disgregarsi sotto l’effetto entropico del tempo. 

Nella Bhagavad-gita Krishna afferma (13.31):“Quando la persona illuminata cessa di vedere altrettante identità differenti quanti sono i corpi materiali e vede ovunque solo anime spirituali ottiene la visione del Brahman”.

In virtù dei nobili sentimenti di amore e compassione che scaturiscono naturalmente da questa rinnovata e sublime visione, potremo gradualmente riuscire ad elaborare i condizionamenti in noi più radicati, ed accogliere perdite e separazioni che diversamente rimarrebbero ferite emotive insanabili.

Pamela Dal Maso

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