La felicità suprema
“Colui che ha realizzato la propria natura spirituale, sperimenta la perfetta soddisfazione dell’anima. Equanime verso tutte le creature, non conosce né lamento, né bramosia e ottiene così il Mio supremo Amore.”
Bhagavad-gītā 18.54
ब्रह्मभूत: प्रसन्नात्मा न शोचति न काङ्क्षति ।
सम: सर्वेषु भूतेषु मद्भक्तिं लभते पराम् ॥
brahma-bhūtaḥ prasannātmā
na śocati na kāṅkṣati
samaḥ sarveṣu bhūteṣu
mad-bhaktiṁ labhate parām
brahma-bhūtaḥ: colui che ha realizzato la propria natura spirituale; prasanna-ātmā: la cui anima è perfettamente soddisfatta; na: non; śocati: si lamenta; na: non; kāṅkṣati: brama; samaḥ: equanime; sarveṣu bhūteṣu: verso tutti gli esseri viventi; mat-bhaktim: il Mio Amore; labhate; ottiene; parām: supremo.
Marco Ferrini, I Nove Sentieri dell'Amore:
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Corsi Scienze Tradizionali dello Yoga e delle Risorse Umane:
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Agnolo Bronzino, Allegoria della Felicità, 1565
Analisi dell’opera:
Al centro dell’opera campeggia la personificazione della Felicità, il cui sguardo rivolto verso il Divino ne rivela immediatamente la natura spirituale. Nella mano destra tiene il caduceo di Mercurio, simbolo della sapienza; mentre con la destra sostiene la cornucopia, simbolo dell’abbondanza.
Il piacere dell’amore mondano, personificato dal piccolo Cupido, gioca serenamente stretto al grembo della Felicità, pungendola ma non distogliendola. Nella Felicità spirituale c’è dunque spazio per il piacere che, però, non travolge più la coscienza oramai stabilita su un piano superiore.
A sinistra della Felicità vi è la personificazione della Prudenza che abbraccia il mondo intero, essendo capace di prendersene cura. Il serpente avvolto al suo braccio illustra come la Prudenza, equanime con tutti gli esseri, è in grado di relazionare amorevolmente perfino col più infido tra gli animali. È raffigurata con due volti, uno di natura maschile e uno di natura femminile, come a rappresentare il convergere di ragione e sentimento. Alle spalle della Prudenza vi è la personificazione dell’Ira che, bendata e cieca, fugge al cospetto di tanta ponderatezza.
A destra della Felicità troviamo la personificazione della Giustizia, la cui bilancia è emblema di equanimità.
Ai piedi della Felicità vi sono le figure della Fortuna e del Tempo. La prima è raffigurata con il simbolo della ruota che, normalmente, nel suo girare apporta gioie e dolori, vantaggi e svantaggi, alla vita delle persone. In questo caso però, la Fortuna tiene ferma la sua ruota, a significare che la Felicità spirituale trascende il succedersi incessante di momenti propizi e infausti.
Il Tempo, in basso a sinistra, abbraccia le sfere celesti, i cui moti, con il succedersi dei giorni e delle stagioni, lo rappresentano. Egli si pone ai piedi della Felicità, come suo servitore. Essa dunque trascende non solo fortune e sfortune, ma anche le dimensioni del presente, del passato e del futuro, e si afferma come eterna.
Giacciono a terra, sconfitti, i nemici della Felicità, quelli che la psicologia dello Yoga definisce con termine anatha (ovvero gli ‘ostacoli’).
In alto, quasi a cingere l’opera, abbiamo la Fama, che fa risuonare le sue trombe, e la Gloria, intenta a cingere il capo della Felicità con una corona d’alloro.
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