SCORGERE LA REALTÀ OLTRE LE APPARENZE
Appunti e riflessioni dai seminari di Marco Ferrini
Tra le tante illuminanti storie puraniche, la narrazione del re Puranjana contenuta nel quarto Canto del Bhagavata Purana e commentata dal Maestro Marco Ferrini durante l’ultimo seminario di luglio, mi ha sensibilizzato a profonde riflessioni e a considerare, in particolare, quanto sia fortemente rappresentativa della condizione in cui versa l’uomo moderno.
Con la sua potenza narrativa e il linguaggio altamente simbolico, tipico di questo magnifico Purana, essa offre la straordinaria opportunità di riscoprire il senso ultimo del nostro esistere e di guardare agli accadimenti della vita con una visione ed in una prospettiva autenticamente rinnovate.
E’ la storia di un re che, come per la maggior parte degli uomini e delle donne contemporanei, vive nell’illusione che la felicità vada ricercata nel soddisfacimento dei piaceri di questo mondo, inconsapevole che invece la vita ha uno scopo ulteriore ben più elevato. Impiega le proprie risorse ed energie per incrementare i possedimenti, godersi gli agi di palazzo, la famiglia e, soprattutto, per soddisfare i desideri della bella moglie nei confronti della quale nutre un attaccamento morboso.
Così i giorni e le notti, simbolicamente rappresentati dall’assedio al regno da parte di trecentosessanta soldati e altrettante soldatesse, trascorrono inesorabilmente senza che il re, “sopraffatto dall’illusione, abbia potuto comprendere il significato della realizzazione spirituale, del sé e di Dio” (Shrimad Bhagavatam Canto 4, cap. 27, verso 4). La vita del re, come quella di tutti noi, trascorre in un attimo e quando giunge il momento di lasciare il corpo egli, a causa dei suoi attaccamenti, è totalmente impreparato: la sua mente è infatti pervasa dall’angoscia di doversi separare dalla famiglia, dai possedimenti ed, in particolare, dalla moglie.
Lo stesso Bhagavata Purana, come premessa imprescindibile, ci metta in guardia già all’inizio del primo Canto dalla formidabile potenza condizionante prodotta dalle energie di questo mondo che definisce “semplice miraggio” e che è tale da impedire, talvolta anche alle persone evolute, di scorgere la realtà che si cela oltre le apparenze.
E’importante chiarire che questo Purana, come tutti i testi della Tradizione Bhaktivedantica, non nega l’esistenza del mondo, che nelle sue molteplici manifestazioni sottili e grossolane è reale in quanto espressione della potenza creatrice di Dio, bensì è illusorio in quanto temporaneo ed impermanente e soggetto, quindi, a continue trasformazioni (parinama).
Il punto centrale da considerare è che esso, come ci ricorda il Maestro Marco Ferrini, non è il fine dell’esistenza, bensì prezioso strumento che, se compreso nella sua finalità e di conseguenza saggiamente diretto, diviene funzionale al jiva, l’essere incarnato, per la sua evoluzione umana e spirituale.
Quindi il problema di Puranjana, come per ognuno di noi, non erano i possedimenti, o l’affetto che nutriva nei confronti della famiglia o della moglie, bensì il fatto che ne aveva fatto lo scopo ultimo della propria vita, ignorando il reale senso del suo esistere.
Ed è proprio qui che si gioca tutta la partita della vita incarnata: cogliere il significato profondo del nostro stare al mondo e, di conseguenza, imparare a scorgere l’ulteriorità di senso che si cela dietro a fatti ed esperienze a cui superficialmente attribuiamo un’accezione negativa o positiva, per riscoprire che oltre le apparenze tutto ciò che accade ha una sua specifica finalità evolutiva.
Attraverso lo studio attento e costante degli insegnamenti veicolati da questa antichissima tradizione, e resi fruibili in chiave contemporanea dalle spiegazioni di un maestro spirituale esemplare, possiamo riconoscere e sperimentare che la comprensione autentica della realtà che si manifesta dentro e fuori di noi, non può prescindere dall’intima e profonda conoscenza di sé, della propria reale identità, che è spirituale, e dal realizzare che il fine ultimo dell’esperienza terrena, con tutti i suoi apparenti drammi e bellezze, è divenirne consapevoli .
Solo in forza di questa rinnovata e salvifica visione possiamo gradualmente realizzare come le prove, gli ostacoli, le difficoltà che si presentano sul nostro cammino, se saggiamente colte, siano davvero occasioni necessarie per elevare ed affinare il nostro livello di coscienza e di consapevolezza, per mandare in frantumi false credenze che fino ad allora ci avevano impedito di scorgere la realtà oltre le apparenze, e giungere così a comprensioni e realizzazioni che, senza quel determinato accadimento, mai si sarebbero a noi disvelate.
Pamela Dal Maso
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