Teoria e prassi per una vita di successo - Va’ pensiero
Il mondo è pensiero; il pensiero è mondo. Se agiamo nel pensiero, agiamo nel mondo. Separare la teoria (il pensiero) dalla prassi (il mondo) significa produrre una scissione estremamente pericolosa. In sanscrito traduciamo “teoria” con darśana e prassi con sādhana. Nella civiltà indo-vedica incontriamo la filosofia del Sāṅkhya e la pratica dello Yoga. In questa cultura non si è mai prodotta, fino ai giorni dell’attuale globalizzazione, una tale scissione.
Quando parliamo di Yoga non ci riferiamo semplicemente a esercizi volti alla stabilità e salute del corpo, ma a un complesso sistema alla cui basi è posta la pratica delle virtù (yama e niyama) e che conduce all’esperienza trascendente della relazione con l’Assoluto (samādhi).
Per molteplici ragioni, culturali e religiose, è invalso in Occidente un principio di separazione (tra terra e cielo; tra bene e male; tra io e mondo; tra teoria e prassi; ecc.) che ha favorito uno sviluppo straordinario dell’analisi, a detrimento della sintesi. In particolare, a partire dall’Umanesimo si è gradualmente sviluppata la propensione a privilegiare la razionalità rispetto a qualunque altra funzione psichico-cognitiva umana. Questo processo ha trovato la sua massima espressione nel pensiero illuminista settecentesco, per poi volgersi con il Positivismo della metà del XIX secolo in quella che definirei essere una sua aberrazione.
Questa tendenza alla razionalità ha portato all’erronea comprensione che la sfera concettuale potesse bastare a se stessa e potesse affermare il suo valore a prescindere da qualsivoglia conferma sul piano della concretezza. Questo divorzio tra teoria e prassi ha prodotto i danni che oggi vediamo ovunque giriamo lo sguardo.
Com’è fondamentale che la concettualità si prefigga un’applicazione pratica, allo stesso modo è necessario che la prassi si fondi su un pensiero filosofico, che la orienti negli scopi e nei mezzi. Pensiero e azione devono dialogare e armonizzarsi tra di loro, nel contesto di una prospettiva valoriale di respiro universale. Non si deve separare l’idea dalla sua realizzazione ma seguirla in tutte le fasi, sorvegliandola affinché non devii dai suoi contenuti originari, producendo, casomai, un risultato opposto a quello inizialmente desiderato. Non basta, dunque, “partorire” l’idea ma bisogna anche “educarla”, affinché impari a stare al mondo senza danneggiare nessuno e contribuendo al benessere di tutti.
Ogni sistema tende al suo equilibrio, per cui l’eccesso di razionalità ha trovato nel mondo occidentale il suo naturale contrappeso in una altrettanto eccessiva propensione per le facoltà estrovertite. In tal modo si è favorito lo sviluppo (talvolta ipertrofico) della scienza oggettiva e della tecnica, a detrimento della scienza soggettiva e dell’intuizione. Ma la scienza è una, che si compone della dimensione soggettiva e di quella oggettiva; e non dovremmo farci coinvolgere dall’attitudine dicotomica di separare e contrapporre.
Lo Yoga è scienza, perché i suoi principi sono trasmissibili e comprovabili sul piano soggettivo; perché porta indefettibilmente a sviluppare conoscenza e governo della realtà interiore. La scienza positiva, d’altro canto, contribuisce alla conoscenza e alla gestione della realtà esteriore.
L’auspicio è che queste scissioni possano diventare memorie del passato, e che la sintesi possa tornare a occupare il suo giusto spazio, affinché l’essere umano torni a godere della completezza cui aspira.
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