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Amare il prossimo per Amore di Dio - Compassione e Carità

 

 

Amore, compassione, carità: se desideriamo lavorare per un futuro migliore è indispensabile fare chiarezza su questi termini, per preservarci dalla contraffazione di tali inestimabili tesori. Com-passione (in sanscrito kṛpā) significa partecipazione alle sofferenze del prossimo. È un’afflizione interiore e sincera; un sentimento di pietà per l’infelicità altrui che ferisce il nostro cuore. Una pena che è, tuttavia, inconcepibilmente connessa alla dolcissima e ineffabile gioia della condivisione fondata su un profondo benessere. Carità esprime lo slancio d’Amore verso Dio e verso il prossimo per Amore di Dio, e si manifesta soprattutto attraverso le opere nel mondo; in sanscrito si traduce con karuṇā, che indica l’agire a vantaggio di qualcuno.

Kṛpā e karuṇā, compassione e carità, rappresentano due aspetti di un’unica realtà: quella dell’Amore. Amore è condivisione, partecipazione; ma è al contempo concreta dedizione ai desideri dell’amato. Tale duplice natura dell’Amore è perfettamente espressa dal termine sanscrito bhakti. Compassione e carità sono dunque le prime tra tutte le qualità spirituali, le più prossime al supremo sentimento dell’amore divino; tanto fuse insieme da poter essere studiate e praticate come un’unica virtù.

Teoria e prassi non devono mai essere scisse tra loro. Attraverso l’esercizio dei principi su cui abbiamo scelto di fondare la nostra vita, riscopriamo nelle più intime profondità della coscienza la concretezza di tali virtù. Riscopriamo che compassione, carità e amore sono manifestazioni della nostra natura spirituale. Allora la pratica di queste virtù non è più semplice adesione a precetti morali, ma gioia vivificante in continua espansione che agisce a beneficio di tutte le creature. Comprendiamo così che siamo fatti per esprimere benevolenza, e adempiamo i doveri mondani con distacco, senza mai deviare da questo fondamento.

La compassione, quando adeguatamente nutrita e coltivata, tracima dal cuore nella forma di profondo affetto per tutte le creature e intenso desiderio di condivisione. Un afflato amoroso che ispira ad agire a favore degli altri; un sentimento spirituale che permette di riconoscere in ciascuno la medesima scintilla divina, e che ci unisce agli altri in divina fratellanza. Amare significa condividere le sofferenze altrui per aiutare la persona a superarle, guidando il suo sguardo oltre il problema che l’affligge e la mentalità che lo ha generato. L’Amore è forza aggregante per definizione, l’antidoto più efficace contro lo sgretolamento sociale in atto. Attraverso la compassione si rinsaldano i legami di una comunità fondata sul benessere bio-psico-spirituale di tutti e di ciascuno. Una comunità in cui le difficoltà dell’uno sono opportunità per gli altri di sviluppare la loro migliore versione; e in cui i valori collettivi sono validi strumenti per il superamento dei limiti individuali.

Nel sentimento dell’amore divino non c’è spazio per favoritismi e convenienze. La compassione è per tutti, anche per i malfattori. Di fronte a un’offesa subita potrebbe sembrare giustificato un moto di collera, eppure la compassione ci permette di comprendere quanto tale reazione sia inappropriata. Chi è lungimirante sa che l’aggressore agisce in preda a una valutazione erronea con la quale dovrà infine fare i conti. Consapevole del fatto che su ciascuno ricadono le conseguenze delle azioni compiute, la persona virtuosa nutre compassione per chi è cagione del proprio stesso male. Inoltre, chi è centrato nel sé spirituale è immune da ogni offesa, la quale non può che riferirsi alle evanescenti maschere egoiche. È l’ego che si infiamma quando è aggredito, perché consapevole della propria fragilità e inautenticità. L’anima, invece, prova compassione per l’interlocutore vittima della propria confusione.

Le virtù, quando autenticamente praticate, devono sempre rispondere alle istanze della logica. In quanto di natura spirituale, possono trascendere i limiti dell’intelletto ma mai ignorarli. In caso contrario ci troveremmo di fronte a delle falsificazioni. La compassione è tale quando prende in considerazione tempo, luogo e circostanze. Provare compassione non significa assolvere indiscriminatamente. Un errore deve essere riconosciuto come tale e le relazioni dovrebbero essere modulate in funzione delle tendenze più o meno distruttive delle persone. Talvolta non si può far mostra dei nostri sentimenti, perché un interlocutore privo di mezzi cognitivi adeguati finirebbe per equivocare. Vi sono personalità tanto estranee alla natura dell’anima che se fatte oggetto di compassione s’insospettiscono e offendono. Occorre dunque prudenza e misura per praticare le virtù in maniera sempre costruttiva.

Agostino di Ippona distingueva tra amore ordinato (puro e volto soddisfare il volere di Dio) e amore disordinato (fondato sull’egoismo). Il primo, sul quale orientare ogni scelta della nostra vita, è emblematicamente sintetizzato nella Bhagavad-gītā (18.65): “Pensa sempre a Me, sii Mio devoto, offri a Me tutto quel che fai, rispettaMi”.

Così orientati sapremo sempre come agire per il bene nostro e di tutte le creature.

 

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